Avete presente tutti quei pezzi che iniziano con “Il 2018 sarà l’anno del..”. Dovrebbero essere una guida sull’anno appena iniziato. Un aiuto per capire come affrontare i prossimi mesi. Ma se allarghiamo per un attimo lo sguardo ci rendiamo conto che viviamo in tempi in cui è molto difficile fare previsioni, sapere cosa accadrà da qui ai prossimi sei mesi. Quello che invece si può fare è cercare di fare un po’ di preparazione. Possiamo dotarci di strumenti per affrontare nel modo migliore possibile le prossime sfide. Charlie, la newsletter che stai leggendo, nasce con questo obiettivo.
Nello sviluppare Charlie ho pensato proprio a questo, alla necessità di creare un giornalismo che desse ai lettori una “cassetta degli attrezzi”, che “unisse i puntini” e fosse utile per orientarci in questo mondo. Per fare questo “tool journalism”, se mi passate l’espressione, ho deciso di utilizzare un punto di vista preciso, quello militare, della Difesa e dei conflitti. Un punto di vista poco considerato nella stampa italiana, anche se quella americana ha già iniziato a lavorarci su. Pur tenendo conto che gli Stati Uniti sono un Paese più grande e complesso, è significativo vedere come le grandi testate abbiano un corrispondente dal Pentagono. Ma è necessario anche ricordare che, oggi, i conflitti e le questioni di sicurezza sono più che mai una questione transnazionale.
Non si può negare che le guerre sono cambiate non poco negli ultimi 10-20 anni. E l’obiettivo della newsletter è quello di inquadrare questi cambiamenti. Ma non solo. Cercherò anche di spiegare situazioni complesse, con dati, mappe e infografiche, per aiutare tutti quelli che vorranno seguirmi a capire le notizie. Oggi, tra Facebook, twitter, google e chi più ne ha più ne metta, siamo sommersi dalle informazioni, ma manca qualcuno che ci guidi attraverso quelle informazioni, qualcuno che “spieghi le notizie”. Più o meno tutti sanno che Kim Jong-un nel 2017 ha effettuato diversi test missilistici, qualcuno ci ha anche detto che dispone di un’arma atomica, ma pochi si sono soffermati a raccontare come ha ottenuto quelle tecnologie, perché si comporta così e quali sono i rischi per noi. Ci sono anche vecchie questioni che tornano a galla. Come il pericolo atomico. Durante le presidenze di Obama e Bush ci sono stati tentativi di ridurre gli arsenali per superare la grande paura della Guerra fredda. Ma la presidenza Trump e le manovre russe hanno scompigliato le carte in tavola. In particolare per i prossimi mesi è attesa la Nuclear posture review, e secondo un’anteprima dell’Huffington post non ci sono buone notizie all’orizzonte. Il mio obiettivo è quindi quello di fornire strumenti utili a leggere quei fatti. Al momento ci sono almeno tre questioni sul tavolo molto importanti per capire i conflitti del futuro. E su queste direttrici cercherò di portare avanti questa newsletter.
La questione tecnologica
È innegabile che l’evoluzione tecnica abbia avuto un impatto notevole su com’è cambiato il modo di combattersi. E questo discorso non vale solo sui grandi armamenti, sulle dotazioni dell’aviazione (della quale avremo modo di parlare) o sui mezzi corazzati. Paradossalmente vale molto di più per altri ambiti, che magari coinvolgono oggetti di uso comune. Come la storia degli smartphone dei soldati NATO hackerati nei Paesi baltici. Oppure l’uso dei droni in battaglia. Non tanto i reaper dell’aviazione americana sui quali dedicherò un numero speciale nei prossimi mesi; quanto quelli economici ad uso civile. Quelli usati dall’Isis nella battaglia di Mosul, ma anche lo stormo di droni artigianali che ha colpito la base russa di Hmeimim in Siria il 10 gennaio scorso. Un modo letale di concepire tecnologie semplici sulle quali la Cina ragiona da tempo.
L’asimmetria dei conflitti
Da tempo molti analisti ragionano sul fatto che le situazioni di tensione tra soggetti globali abbiano mutato forma e che i conflitti siano ormai “asimmetrici”. Ma cosa significa? Con l’aiuto di esperti e attraverso studi e analisi cercheremo di capire come sia cambiata la natura della guerra. Come sia stato possibile che un’organizzazione terroristica come l’Isis sia stata in grado di darsi una forma statuale e come sia stato necessario dichiararle guerra. Cercheremo di capire cosa significa “lotta al terrorismo” e perché sia da inquadrare all’interno di Charlie.
I rapporti di forza tra i Paesi
Le guerre, i conflitti e la diplomazia rimarranno sempre vincolati agli Stati. Se il sogno dell’Unione europea per un momento aveva fatto pensare a un superamento dello Stato nazionale, oggi sembra che il mondo abbia virato in tutt’altra direzione. Ma se i conflitti tra nazioni non sono più all’ordine del giorno, a emergere è la forma della guerra per procura che, pur essendo sempre esistita, di questi tempi è diventata quasi l’unica forma di contrapposizione tra piccole e grandi potenze. Cercherò quindi capire come funzionano questi meccanismi anche usando degli indicatori. Come il commercio di armi, del quale mi sono occupato per Pagina99.
Charlie, che arriverà ogni domenica, è un progetto aperto a suggerimenti e critiche. Presto creerò anche un gruppo Facebook per discutere e accogliere spunti e idee, in modo che la newsletter si plasmi anche grazie ai contributi di chi la leggerà.